La fertilità del terreno.
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La fertilità di un terreno non è determinata semplicemente dalla sua dotazione in principi nutritivi (fertilità chimica) ma soprattutto dalla sua capacità di essere ospite di vita, cioè di riuscire ad accogliere e sostenere in modo duraturo la presenza di piante, animali e microrganismi (fertilità biologica); essi per vivere necessitano di un habitat ospitale e quindi è necessario che il terreno sia permeabile all'aria e all'acqua, che non sia oggetto di un eccessivo accumulo di sostanze chimiche di sintesi ed infine, fornisca alimenti ricchi di carbonio, cioè sostanza organica, da cui poter ricavare energia per il proprio metabolismo.
Essere per un terreno permeabile all'aria e all'acqua significa non formare crosta superficiale, non essere compattato, ma essere, invece formato da tante piccole zolle, fatte a loro volta di altre zolle, nelle quali e tra le quali riesce a svilupparsi una rete di canali, piccoli e grandi, fondamentale per permettere il deflusso dell'acqua caduta in eccesso, la circolazione dell'aria, la ritenzione dell'acqua e la sua risalita per capillarità (fertilità fisica).
Non essere oggetto di un accumulo di sostanze chimiche di sintesi, dovuto all'impiego eccessivo di diserbanti, concimi a pronto effetto e di antiparassitari, significa evitare possibili effetti nocivi sulle popolazioni di numerose specie di organismi terricoli e, di conseguenza sulla biodiversità. Il terreno è un grande organismo vivente in cui la cooperazione tra specie (piante, animali e microrganismi terricoli) dovrebbe prevalere su fenomeni di competizione che risultano preponderanti laddove l'agroecosistema è stato eccessivamente semplificato (una sola grande coltura, un unico grande campo, un unico raccolto).
La cooperazione implica azioni che promuovono la diversità delle specie presenti nel campo coltivato, sopra e sotto la superficie del terreno. Ciò che nella pratica agricola dovrebbe essere promosso è la formazione e il mantenimento di una fitta rete di interazioni fra organismi viventi.
Infatti, la ricchezza in specie di un ecosistema, lo porta ad essere stabile; la stabilità genera fertilità e questa porta abbondanza e alta qualità nelle produzioni.
La biodiversità che dovrebbe essere promossa nella pratica agricola non dovrebbe riguardare esclusivamente la presenza di organismi di tipo selvatico (microrganismi, lombrichi, uccelli, ecc) ma anche le piante coltivate (biodiversità coltivata) in merito al numero di specie e di varietà presenti nel campo.
Concludiamo questo articolo, con una gallery di foto che abbiamo scattato insieme all'agronomo Luca Conte che, recentemente, ha eseguito un'analisi esplorativa della fertilità del nostro terreno.
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