Categorie Vini


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I Balcani: nuova frontiera per il vino.

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L'area del Sud - Est Europa (i Balcani) rappresenta una Regione con la quale la stessa Europa ma specialmente l'Italia intrattiene una relazione di "partenariato strategico" consolidatasi progressivamente nel corso degli anni.

Dopo i drammatici eventi conflittuali dell'ultimo decennio scorso, dove si sono resi necessari aiuti umanitari perfino per le cose più elementari della vita come viveri, carburanti, medicine e vestiario, questa Regione ha conosciuto una significativa stabilità politica, avviandosi decisamente sulla strada dell'integrazione sia "verticale" (con le principali Istituzioni Europee ed internazionali) sia "orizzontale" con la creazione di un'area di libero scambio regionale.

L'Italia è stata per molti aspetti artefice di tali dinamiche, con la costante azione dei soggetti pubblici nazionali e locali e delle imprese ed è oggi primo partner commerciale dell'Albania, della Croazia e della Serbia e sotto il profilo degli investimenti diretti risulta il primo investitore in Albania e in Montenegro, il settimo in Croazia e il nono in Bosnia.

La Croazia, con l'affermarsi di una ristorazione di alta qualità e il differenziarsi degli stili di vita, ha visto aumentare nel corso degli anni il consumo di vino a discapito di altri alcolici (ad esempio la birra). 

Per le aziende italiane rappresenta un mercato "fuori porta", quindi facilmente raggiungibile a costi ridotti, grazie alla sua vicinanza logistica. 

Il mercato emergente croato - come tutta l'area balcanica - è relativamente nuovo per il vino italiano ma in forte crescita.

Negli ultimi anni l'interscambio commerciale tra il nostro Paese e l'area dei Balcani è aumentato considerevolmente (nel 2008 è salito circa al 6% sul totale dell'export italiano, contro il 3,4% del 2001).

Tutto ciò che è enogastronomia, così come la moda, la creatività e il design Made in Italy, è amato, apprezzato e desiderato. 

Storia della viticoltura in Serbia.

Le prime tracce di viticoltura sono state trovate nella Pianura Pannoica e risalgono all'età del bronzo e a quella del ferro.

L'imperatore romano Domiziano aveva introdotto un regime di monopolio legale che è rimasto in vigore fino a Marco Aurelio Probo, nato proprio a Sirmium nel 232 d. C. (l'odierna Sremska Mitrovica) e che, piantando la vite sulle colline di Fruska Gora, ha collegato il suo nome all'inizio della vitivinicoltura in questo Paese.

La storia vinicola serba risale alla notte dei tempi, con un grande sviluppo nel VIII e IX secolo, ma soprattutto durante il dominio della dinastia Nemanjic tra il XI e il XIV secolo 

Nel 1349, fra le altre 200 leggi raccolte nel Codice Dusan dall'imperatore Stefano Uros IV Dusan Nemanjic, c'era anche quella in materia di vinificazione e di qualità del vino.

Quando le terre meridionali serbe furono occupate dai Turchi, i Serbi migrano a nord e il centro della vitivinicoltura diventò Krusevac.

Durante la dominazione turca fu distrutta gran parte dei vigneti, perché il consumo di alcol da parte dei mussulmani era proibito.

Le cose si ribaltarono dopo la liberazione dai Turchi, quando in Serbia iniziò uno sviluppo intensivo della vitivinicoltura, che diventò il settore economico più importante.

Nel 1848, durante il dominio asburgico, iniziò la produzione di vino su vasta scala con la cantina Navip e nel momento in cui la fillossera devastò i vigneti della Francia, la Serbia divenne un Paese produttore ed esportatore di vino.

All'inizio del ventesimo secolo, il re Pietro I di Serbia e suo figlio Alessandro I di Jugoslavija possedevano decine di ettari di vigneti e una cantina nella Serbia Centrale, da cui producevano vini di qualità.

La Krajina (termine serbo - croato che definiva la Serbia come zona di frontiera tra l'impero asburgico e i possedimenti ottomani) esportava vini di qualità fin dagli anni settanta del XIX secolo verso i mercati di Francia, Austria, Ungheria, Germania, Russia, Svizzera, Romania e altri paesi.

Allora era molto famoso il Bermet, un vino liquoroso prodotto soltanto in Serbia,  ancora oggi realizzato con la macerazione nel vino di venti erbe e spezie diverse.

Può essere fatto da uve rosse o bianche, anche se alcuni produttori lo fanno con un mix di uve sia rosse sia bianche. Alla base del rosso si dice che vi siano uve di Portugieser o di Merlot, mentre alla base del bianco c'è l'uva Zupljanka.

La sua ricetta originale è segreta e viene tramandata di generazione in generazione soltanto da una manciata di famiglie.

Il Bermet bianco era un vino molto popolare fra gli aristocratici dell'impero austro - ungarico ed era regolarmente esportato verso la corte di Vienna in grandi quantità.

Alcuni Bermet erano stati perfino inclusi nella carta dei vini del Titanic e circa 150 anni fa risultavano già esportati verso gli Usa.  

Per quanto riguarda il gusto, questo vino è dolce, ma non troppo, è molto denso ed è ricco di aromi di noci, castagne e confetture di frutta matura.

Oggi in Serbia ci sono circa 82.000 ettari di superficie vitata (per l'85% circa di proprietà privata) e si producono almeno altri 700 tipi di vino, sia di largo consumo che di qualità.

La maggior parte dei vigneti si trova lungo i bacini di grandi fiumi come ad esempio il Danubio e la Morava.

La diversità del microclima si riflette nei vari vini. Nel nord vengono meglio i vini bianchi, varietali, dalle tonalità brillanti tra il paglierino e il verdolino, di sapore in genere secco, leggeri e moderatamente alcolici.

Nella Serbia Centrale sono state ricreate moltissime vigne dopo la guerra, con una vasta gamma di uve bianche (in maggioranza Riesling Italico e Riesling Renano, Sauvignon, Chardonnay) e rosse (in maggioranza Pinot Nero, Gamay, Frankovka). 

Nel sud vengono meglio i vini rossi da Cabernet Sauvignon e Merlot. Il modo migliore per gustarli è affidarsi all'enoturismo.

Molte zone vitivinicole organizzano, soprattutto durante la vendemmia, feste, fiere e varie mostre dedicate al vino, abbinato alle numerose e variegate specialità della cucina serba.

Il Mercato del Vino nei Balcani.

Nei Balcani la coltivazione e la produzione di vino sono fortemente frammentate: ci sono tanti piccoli agricoltori che vendono la loro uva ai produttori di vino.

La qualità complessiva è di basso livello proprio perché le uve sono diverse e provengono da vigneti differenti.

Sul fronte del mercato del vino si registra una domanda crescente di prodotto di buona qualità, e per questo, c'è una grande attenzione in primis alla produzione italiana, seguita dalla Francia e dai Paesi confinanti.

L'andamento del mercato del vino in Albania nel 2010 ha registrato in termini di valore di vino importato, i 6,6 miliardi di lek, con una variazione positiva del 16% rispetto al 2009.

In questo paese l'Italia detiene la quota maggiore dell'import (con il 77%), seguita dalla Francia, dal Montenegro ( con il 6%), dalla Macedonia, dalla Spagna (4%) e dalla Grecia (2%).

Oggi i consumatori dei Paesi Balcanici sono diventati sempre più competenti e preparati, sanno apprezzare i nostri vini ma anche la cucina, l'arte, la moda e la nostra creatività. Il Made in Italy in generale gode di un'immagine di altissima qualità. 

Per coinvolgere il più alto numero di operatori della Serbia, del Montenegro e Paesi limitrofi, Italian Wine Expo promuove i vini italiani attraverso due importanti eventi che si tengono il primo a Belgrado Serbia, Fiera Internazionale del vino "Beo Wine" e il secondo a Podgorica Montenegro, Salone Internazionale del Vino "Monte Vino".

Il prodotto più importato continua ad essere il vino sempre più presente nel canale Ho. Re. Ca.

Bar, ristoranti, enoteche aprono nelle grandi città balcaniche in numero sempre crescente e, di pari passo con l'aumento di conoscenza e di apprezzamento della nostra cucina, rappresentano una ribalta ideale per la promozione dei prodotti italiani.

Da qui la prospettiva di sviluppo nell'area balcanica e specificatamente in Serbia e in Montenegro, paesi dove la cultura del vino è comunque diffusa e i consumi pro capite sono in continuo aumento. 

Prima di pensare di esportare il proprio vino, tutta l'area balcanica sta puntando a soddisfare la domanda interna. Il Governo albanese sta cercando di investire risorse per colmare il gap tecnologico esistente, dando agli agli agricoltori che impiantano nuovi vigneti consistenti incentivi economici; quest'area diventerà presto la nuova frontiera del mercato del vino, per se e anche per aprirsi verso l'immenso bacino russo, abbattendo oneri di costi doganali attraverso la Serbia. 

 

 

 

 

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La storia e l'origine del vino.

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Le origini del vino sono talmente antiche da affondare nella leggenda. Alcune di esse fanno risalire l'origine della vite addirittura ad Adamo ed Eva, affermando che il frutto proibito del Paradiso terrestre fosse l'uva e non la mela. 

Una delle prime e più importanti tracce di vino risale al periodo Paleolitico con il ritrovamento di uva fermentata all'interno di recipienti disposti in alcune caverne. 

La Bibbia, nella Genesi, riporta che Noè, appena uscito dall'arca piantò una vigna e ne ottenne del vino, fornendoci un chiaro quadro di come le tecniche di coltivazione e vinificazione fossero già conosciute in quell'epoca.

I primi documenti riguardanti la coltivazione della vite risalgono al 1700 a.C., ma è solo grazie alla civiltà egizia che si ha lo sviluppo delle coltivazioni e della produzione di vino.

Gli Egizi furono i maestri e i depositari delle tecniche enologiche. Con la cura e la precisione che li distingueva, tenevano accurate registrazioni di tutte le varie fasi del processo produttivo, dalla vigna alla conservazione. 

Nell'antico Egitto la pratica della vinificazione era talmente consolidata che nel corredo funebre del re Tutankamon erano incluse delle anfore contenenti vino con riportata la zona di provenienza, l'annata e il produttore e qualcuna conteneva del vino invecchiato.

Dall'Egitto la pratica della vinificazione si diffuse presso gli Ebrei, gli Arabi e i Greci. Questi ultimi dedicarono al vino una divinità: Dionisio, dio della convivialità.

 Conosciuto anche in tempi più antichi, in Asia Minore e in Mesopotamia, il vino aveva un ruolo centrale già nel VI secolo a.C.  nei riti legati al culto di Dionisio e, inoltre, era già diffuso nei simposi dove si prendevano importanti decisioni con la funzione di rischiarare la mente e donare la saggezza. 

Successivamente il "nettare degli dei" diventa un'oggetto di scambio: tra il IV e V secolo a. C. era un ricercato e costoso prodotto in tutta l'area mediterranea.

Contemporaneamente, nel cuore del mediterraneo, la vite iniziava dalla Sicilia il suo viaggio verso l'Europa, diffondendosi prima presso i Sabini e successivamente presso gli Etruschi che diventarono abili coltivatori e vinificatori e allargarono la coltivazione dell'uva dalla Campania fino alla Pianura Padana.

Presso gli antichi Romani la vinificazione assunse notevole importanza solo dopo la conquista della Grecia. L'iniziale distacco si tramutò in un grande amore al punto da inserire Bacco nel novero degli Dei e da farsi successivamente promotori della diffusione della viticoltura in tutte le provincie dell'impero.

L'impero romano contribuì a dare un ulteriore impulso alla produzione del vino, che passò dall'essere un prodotto elitario a divenire una bevanda di uso quotidiano. In quel periodo le colture della vite si diffusero su gran parte del territorio; aumentarono presto i consumi e di conseguenza la coltivazione della vite.

Ad ogni modo il vino prodotto inizialmente era molto diverso da quello che siamo abituati a bere oggi. A causa delle sue tecniche di conservazione, il vino risultava una sostanza sciropposa, dolce e molto alcolica.

Era quindi necessario allungarlo con l'acqua e aggiungere miele ed altre spezie per poterne ottenere un sapore più gradevole e delicato.

Le tecniche vitivinicole conobbero in quei secoli un notevole sviluppo: a differenza dei greci che usavano conservare il vino in anfore di terracotta, i Romani furono i primi a rivoluzionare la tecnica di conservazione utilizzando prevalentemente botti di legno e recipienti in vetro, introducendo o quantomeno enfatizzando, il concetto di "annata" e di "invecchiamento".

E' anche noto che i Romani furono i primi a creare dei veri e propri negozi, chiamati taberne, dove si poteva acquistare al dettaglio il vino.

La nascita del Cristianesimo e il conseguente declino dell'Impero Romano, segna l'inizio di un periodo buio per il vino, accusato di portare ebrezza e piacere effimero. A questo si aggiunse la diffusione dell'Islamismo nel Mediterraneo con la messa al bando della viticoltura in tutti i territori occupati. 

Per contro, furono proprio i monaci di quel periodo, assieme alle comunità ebraiche, a continuare, quasi in maniera clandestina, la viticoltura e la pratica della vinificazione per produrre i vini da usare nei vari riti religiosi. 

Ed è proprio in questo periodo che si delinea l'importanza della Francia nella produzione del vino, in quanto in Borgogna si diffonde presto la voglia di sperimentare nuove coltivazioni di elevata qualità che ancora oggi dominano il mercato. 

Da questo periodo in poi la storia del vino conosce periodi di grossa competizione con il caffè, the, cioccolato e con qualsiasi altre bevande che arrivano sui mercati europei cogliendo l'interesse dei consumatori che tendono a preferire queste nuove bevande. 

Ma è proprio grazie a questi nuovi stimoli che i produttori di vino iniziano ad intensificare la loro ricerca di qualità soprattutto nei metodi di conservazione, dove un grande apporto viene dato dall'introduzione delle bottiglie di vetro sigillate e da una nuova e rivoluzionaria scoperta: il sughero. 

Una data fondamentale nella storia del vino è il 1668: il monaco benedettino Dom Pierre Pèrignon, per impedire che le bottiglie esplodessero per la spinta dell'anidride carbonica, utilizzò bottiglie molto più resistenti che permettevano, sopportando la pressione, all'anidride carbonica di sciogliersi nel vino durante la fermentazione: era nata una nuova bevanda strepitosa che rivoluzionerà il mercato, lo Champagne.

Bisognerà attendere il Rinascimento per ritrovare una letteratura che restituisca al vino il suo vero ruolo di protagonista della cultura occidentale e che torni a decantarne le sue qualità.

Nel diciassettesimo secolo, si affinò ulteriormente l'arte dei bottai, divennero meno costose le bottiglie e si diffusero ulteriormente i tappi in sughero. Tutto questo contribuì alla conservazione e al trasporto del vino favorendone il suo commercio.

Siamo arrivati così al diciottesimo secolo dove la ricerca di un vino migliore e di qualità porta a produrre vini più forti e con una fermentazione più lunga. 

Anche l'affinamento riceve nuovi impulsi da questo periodo e si iniziano a ricercare nuove strade dove l'invecchiamento rivesta un'ulteriore arricchimento qualitativo. 

Ma il vero sviluppo nella produzione di vini si ha a partire dal diciannovesimo secolo, dove il vino inizia a divenire fonte di reddito e di innovazione anche per tanti viticoltori italiani. 

Questo è anche il secolo ricordato per la fillossera che si abbatte senza pietà su tutta l'Europa e, dopo il suo passaggio, non rimane che ripartire da zero innestando la vite europea sulla radice americana immune a questo afide. 

Il ventesimo secolo e l'attuale, sono i periodi in cui sono state fatte molte scelte innovative basate soprattutto sulle nuove tecnologie e tecniche di studio della vite. Sono anche anni in cui si è visto l'arrivo di vini provenienti dalle più disparate zone del mondo (soprattutto dalla California e dall'Australia), che hanno acquisito in breve tempo le tecniche di coltivazione affinate in Europa in tanti secoli di tentativi, storia e cultura.

Da parte loro, questi nuovi produttori, grazie alla mancanza di convenzioni e condizionamenti vari, hanno avuto la possibilità di presentarsi al mercato mondiale.

Per quanto riguarda l'Italia, si può dire che ci sia ancora tanto da fare in questo senso, poiché abbiamo dei vitigni eccezionali che hanno solo bisogno di spinte lungimiranti e visionarie verso qualità ancora più alte.

Un grosso cambiamento si è avuto a partire dagli anni '60, introducendo nuove tecniche innovative di vinificazione e affinamento e i risultati sono stati la realizzazione di vini che hanno ottenuto importanti premi e riconoscimenti internazionali di prestigio e di conseguenza la conquista di maggiori quote di mercato.

Il vino made in Italy è sempre più un cult mondiale e per questo, in questi anni, si riscontra una forte evoluzione del nostro patrimonio vitivinicolo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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