Come Roma fu per il vino ciò che gli Usa furono per la Coca - Cola: tutto.
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Il boom del vino a Roma ha una sua data di nascita: il 171 avanti Cristo. Certo, il vino per i nobili c'era già, portato alle ville patrizie dai vitigni della Magna Grecia.
Ma è dal 171 che il vino diventa Vinum: cioè prima nutrimento e piacere di massa, poi strumento politico e militare, infine mito, icona di una civiltà.
Fermatevi un attimo e iniziate a fate un viaggio nel tempo: siete nella calda estate del 171 a.C. e state passeggiando in un piccolo vicolo nei pressi del Foro Romano.
L'Urbe, già megalopoli, si appresta a superare - essa sola - il milione di abitanti. Sono i demografi a consegnarci questi dati con una certa precisione: i loro studi hanno misurato attraverso la distribuzione gratuita del grano ai cives la crescita impetuosa della popolazione dell'Urbe. Se con Caio Gracco un modio di grano costa ancora cinque assi, sarà Caio Pulcro a rendere le distribuzioni gratuite, permettendo a studiosi e demografi di certificare che Pompeo distribuì il grano a 456 mila abitanti. Un welfare state smodato e populista, con grano e giochi del circo a gogò per ingraziarsi il consenso.
Quantificare gli abitanti di Roma è più complicato se ci affidiamo agli storici. Svetonio racconta che i beneficiari furono circoscritti da Cesare nei 150.000 fortunati che per il solo fatto di essere civies godevano del diritto di riempirsi la pancia. Il resto erano schiavi, liberti, servi: rottami della storia che tuttavia andavano nutriti anch'essi e che erano molto più numerosi dei loro padroni.
Storici e demografi concordano però su un punto: questa massa mangiante fino al 171 a.C. si nutrì di una repellente pappa di cereali (la puls) pestando in lurida acqua ciò che la bontà di Roma dispensava loro. Ma nel fatidico 171 a.C, ecco che al Foro si apre il primo forno commerciale. Un fuoco ardente ospita uno strano impasto di cereali e poco dopo ne esce un oggetto croccante. Un milione di occhi guardano il pane e se ne innamorano.
Però se si mangia occorrerà pure bere. Acqua se proprio si deve, altrimenti meglio di questa, ci sono il Sabino e il Tiburtino, l'Albano e il Signino.
Il vinum è nutrimento, caloria, benzina quotidiana per uomini - macchine. Oppure è pausa, intercalare, ebbrezza gaudente. A partire dal II secolo a.C. il suo boom è incontenibile. Ma per ora è ancora vinum con la v minuscola.
Ora invece andiamo a curiosare nella storia di un'altra icona. Il dottor John Styth Pemberton era un farmacista di Atlanta. Appassionato di studi di botanica, si ficcò in testa di inventare una bevanda capace di sradicare dalla faccia della terra una piaga dell'umanità: il mal di testa.
Di sicuro il farmacista mai avrebbe sospettato di avere inventato, l'8 maggio 1886 nel suo cortile di casa ad Atlanta, un'altra bevanda destinata ad assumere il prepotente ruolo di simbolo e mito globale. Venduto per cinque centesimi al bicchiere nella più grande drogheria di Atlanta, lo sciroppo all'inizio non decolla.
Frank Robinson, contabile dell'impresa disegna anche un bel marchio dandogli uno strano nome di Coca - Cola e, inoltre, paga un'inserzione sulla gazzetta di Atlanta del 29 maggio 1886: "Deliziosa! Rinfrescante! Esilarante! Tonificante! Coca Cola, la soda nuova e popolare contenente le proprietà delle meravigliose piante di coca e l'estratto delle famose noci di cola." Contrariamente a ciò che si dice, non sempre però la fortuna aiuta gli audaci. Nel giro di un anno Pemberton si ammala, le vendite crollano e la società rischia il fallimento.
Bontà sua, nel 1888 la rileva un affarista di Atlanta: Asa Griggs Candler. Un uomo dominato da due uniche convinzioni: la forza della pubblicità e il mito della segreta ricetta della Coca - Cola. Poco importa che un recente scoop abbia rivelato proprio sulla gazzetta di Atlanta l'originaria alchimia della bevanda. Importa molto, invece, che lo sciroppo pur non curando affatto il mal di testa incominci a trovare i suoi primi estimatori. Ma ancora più decisivo è che Candler, nel frattempo, abbia assoldato il genio della pubblicità Wiliam D'Arcy.
Così come un astuto e anonimo romano nel 171 a.C. capisce che con la diffusione del pane si può creare nell'Urbe un clamoroso business diffondendo il vinum, allo stesso modo D'Arcy sarà per molti lustri il geniale creatore delle campagne pubblicitarie che trasformano la Coca - Cola nella gioiosa pausa e nello status symbol dell'american way di ogni giorno.
D'Arcy prima parte con un'avvenente ragazza che impugna una Coca - Cola, poi spiega che la nuova bevanda è come il baseball o l'apple pie: cioè alla portata di tutti, di ogni età, classe, sesso e condizione. Ovvio che mente: i suoi occhi geniali sono solo per il ceto medio emergente.
La Coca - Cola "è un fantastico start per una promettente mattinata" ma è anche "la pausa ideale per il sabato sera" dei ceti medi che stanno facendo fortuna.
E persino se l'America precipita negli anni più bui della depressione, D'Arcy adatta il prodotto allo spirito dei tempi. E' passato poco più di un anno dal crollo di Wall Street del 1929, quando alla vigilia di Natale del 1931 in tutte le principali piazza d'America l'immacolata e sorridente immagine di Santa Claus Babbo Natale stringe in pugno, ottimista, una rasserenante bottiglietta. Ancora oggi quella pubblicità la ricorda ognuno di noi, anche chi non è americano.
Nella pubblicità, l'America è una grande casa calda, accogliente, protettiva: e dentro quella casa c'è la Coca - Cola. Esattamente come su ogni triclinio, in ogni taverna, negli angoli di ogni postribolo della Suburra ormai si scorge una piccola anfora.
Così vinum & coke sono diventati la vita di ogni giorno. Parti integranti, imprescindibili di due civiltà. La rinfrescante, piacevole, inebriante pausa di due imperi. Ma ancora, per il momento, con la v e con la c minuscole. Anche se tutto è pronto per il grande salto. Per farli diventare i mitici Vinum & Coke.
Continuate a seguirci per conoscere come va a finire questa storia...!