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Storia dei nomi dei vini - ottavo episodio.

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Anche questa settimana prosegue la nostra rubrica informativa sulla storia dei nomi dei vini, tratta dal libro "Roma Caput Vini" scritto da Giovanni Negri ed Elisabetta Petrini. Oggi vi facciamo conoscere l'origine del Porto e del Fiano d'Avellino. 

PORTUS CALE - PORTO

L'antica città alla foce del Douro che oggi prende il nome di Oporto si trovava nella provincia romana della Gallaecia. E' il console Decimo Giunio bruto a sottomettere l'odierno Portogallo e a battezzare Portus Cale, ricevendo dal Senato il titolo di Callaecus. 

Regione selvaggia, montagnosa e abitata da un popolo fiero, soltanto nel 20 a.C. la tenacia di Augusto e delle guerre cantabriche riusciranno a debellarne le ultime resistenze, consentendo il pieno controllo del paese.

L'occupazione romana si traduce in un florido impianto di viti (nel solo Douro sono presenti circa ottanta vitigni) e nella produzione di vini a elevata acidità ed effervescenti, veri antenati dell'attuale vinho verde.

Il vino portoghese più conosciuto al mondo è il Porto, che prende il suo nome proprio dalla città di Oporto, antica Portus Cale, mentre ai nostri giorni è Vila Nova de Gaia la città regina delle cantine, appena oltre il fiume Douro. 

VITIS APIANA - FIANO D'AVELLINO.

La zona di Avellino fu conquistata dai romani solo dopo tre guerre sanniche e notevoli resistenze. Grazie allo sviluppo della viticoltura i suoi vini furono celebri a Roma e in tutto l'impero, è questa la culla dei tre vitigni archeologici: Aglianico, Greco di Tufo e Fiano, quest'ultimo riconducibile alla vitis apiana, a frutto bianco. Due le scuole di pensiero intorno all'origine del nome, entrambe entro i confini della viticoltura romana.

Una prima ipotesi vuole l'Apiana derivare dai liguri apuani, prima sconfitti dai romani e quindi deportati in massa in Campania. Apuana, poi Apiano e Afiano, si approderebbe così all'odierno Fiano.

Uno dei più grandi studiosi dell'etimologia dei nomi dei vini e vitigni - il professor J. Andrè - afferma invece che il nome deriverebbe da apis perchè uva dalla gradevole dolcezza e perciò tanto amata dalle api.

Tale ipotesi è fondata su un'osservazione di Plinio, che nella Naturalis Historia parla di "uva apiana" tra le varietà aromatiche e scrive: le api dettero il nome di apiana, a causa della loro avidità a succhiare gli acini.

Grazie alla Sopraintendenza ai beni archeologici e culturali di Pompei è oggi operativo un programma di ricerca sui metodi di coltivazione in epoca antica alle falde del Vesuvio: sono stati reimpiantati i vitigni dell'epoca quali Fiano, Greco, Falanghina, Coda di Volpe a bacca bianca, Aglianico, Piedirosso e Olivella a bacca rossa.

Un vigneto destinato alla ricerca è stato anche reimpiantato presso la casa dell'oste Eusino - dalle tipiche celle vinarie interrate, necessarie alla conservazione del vino - all'interno delle mura della Pompei antica. 

 

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Storia dei nomi dei vini - settima parte.

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Anche questa settimana prosegue la nostra rubrica informativa sulla storia dei nomi dei vini, tratta dal libro "Roma Caput Vini". Oggi vi raccontiamo l'origine storica di altri due vini: il Taurasi e l'Aglianico. 

AGER TAURASINUS ED ELLENICUM - Taurasi e Aglianico. 

L'antica Taurasia fu distrutta dai Romani nel 268 a.C., con la definitiva occupazione di un territorio sino ad allora dominato da un popolo di stirpe sannitica.

Durante le guerre puniche i taurasini si erano schierati con Annibale, difendendosi in modo così virulento da indurre i romani ad annientarli quasi totalmente.

Da allora il territorio tra le provincie di Avellino e Benevento fu Ager Taurasinus (Campi taurasini). La viticoltura in zona fu divulgata dai greci che fondarono numerose colonie nell'Italia meridionale nei secoli VIII - VII a.C., tuttavia è grazie ai romani che essa si potenziò, anche a seguito della deportazione nell'area di migliaia di liguri apuani di stirpe celtica, impiegati nella coltivazione della vite.

Nel 42 a.C., dopo la battaglia di Filippi e durante il triumvirato di Augusto, la città divenne colonia militare e parte del territorio fu consegnato ai soldati romani veterani, mentre la restante parte venne data a Livia Drusilla, seconda moglie di Augusto.

In questo periodo la viticoltura conobbe una diffusione ancora maggiore. Tito Livio parla di "vigne optime" della Taurasia e il vitigno Ellenico (Aglianico) ne divenne il signore. La qualità dell'Aglianico furono allora esaltate da Orazio. 

Originario della città di Venosa, conquistata dai romani nel 291 a.C., Quinto Orazio Flacco può essere considerato il poeta del vino per eccellenza, in una Roma che ormai trasforma la via Appia in un formidabile tracciato commerciale capace di unire la capitale a Brindisi e all'Adriatico, attraversando i floridi territori dell'Aglianico.

Anche la cittadina di Barile ci conferma come la produzione dell'Aglianico avesse origini antiche. Il borgo sorge su un monte di tufo, scavato da grotte, ricche di antichi reperti di anfore in terracotta utilizzate dai romani per il trasporto del vino.

Altrettanto antica la tradizione vitivinicola di Canosa, dove secondo Polibio il vittorioso Annibale portò i suoi soldati a riposarsi dopo la battaglia di Canne. Vasi e coppe vinarie ornate con scene di banchetti sono stati ritrovati nelle tombe risalenti al IV secolo a.C., appartenenti ad aristocratici e a persone comuni, mentre l'influenza del commercio dei vini è testimoniata da ritrovamenti di monete risalenti al periodo tra il V e il II secolo a.C., raffiguranti su un lato un grappolo d'uva. 

Lo storico Varrone narra di una particolare tecnica di coltivazione, tipica della zona di Canosa, in base alla quale la vigna veniva coltivata insieme all'albero del fico. 

 

 

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Storia dei nomi dei vini - sesta parte.

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Prosegue il nostro viaggio alla scoperta dei nomi dei vini con un nuovo appuntamento della nostra rubrica informativa. Questa settimana vi raccontiamo l'origine storica del vino Lambrusco. 

VITIS LABRUSCA - LAMBRUSCO.

Conosciuta sia dai romani sia dagli etruschi, la vitis labrusca era un vitigno selvatico che cresceva ai margini delle campagne, dove terminavano le aree coltivate.

E' questo vitigno a dare il nome al Lambrusco, che alcuni farebbero derivare dalle vites selvatiche delle foreste dell'Appennino. Il primo a citare la vitis labrusca è Virgilio nella Quinta Bucolica, i riferimenti successivi si trovano nel De Agricultura di Catone e nel De Rustica di Varrone, sino a Plinio il Vecchio che la menziona descrivendone le foglie di colore sanguigno prima di cadere. 

Sull'origine del nome si contrappongono due tesi. La prima sostiene che il nome deriverebbe da labrum (margine dei campi) e ruscam (pianta spontanea); la vitis labrusca perciò sarebbe quella che cresce ai margini dei campi, non coltivata. La seconda tesi fa derivare il nome dai termini labo (prendo) e ruscus (che punge il palato), a indicare un vino giovane dall'acidità contenuta e dal vivace tannino. 

Quella che oggi va sotto il nome scientifico di vitis labrusca è tutt'altra cosa dalla vite conosciuta in epoca romana, intendendosi infatti con questo termine un vitigno giunto in Europa dall'America nel periodo successivo alle devastazioni della fillossera, la devastante malattia che rischiò di far scomparire la vite in tutto il continente. 

In questa famiglia di viti la più conosciuta è l'uva Isabella, altrimenti detta uva fragola: un frutto dalle caratteristiche organolettiche molto specifiche e selvatiche, il cui vino è sotto il profilo della commercializzazione vietato.

Il legame fra l'odierno Lambrusco e l'antica vitis labrusca è dunque solo nel nome. 

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Storia dei nomi dei vini - quinta parte.

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Prosegue il nostro viaggio alla scoperta dei nomi del vini, con un nuovo appuntamento della nostra rubrica informativa. Questa settimana vi parleremo dell'origine storica del Barbaresco e del Chianti.

BARBARICA SILVA - BARBARESCO.

Roma si ritrova ovunque a Barbarica Silva, una collina occupata dai celti liguri e assediata dai romani, probabilmente dai consoli Marco Popilio e Marco Fulvio Flacco, che nel II secolo a.C. varcano il Tanaro e sconfiggono i barbari.

Da allora, la sacra vite romana sostituisce la Barbarica Silva, originando l'identità e la storia del Barbaresco.

Roma la si respira a Villa Martis, in onore di Marte, dio della guerra. Di qui, dalla cascina oggi della Martinenga, passava la strada che univa Torino alla costa ligure, citata da Tito Livio nella sua storia di Roma.

Roma è anche nelle mura di Neive, un borgo sorto intorno alla proprietà donata alla potente famiglia capitolina della Gens Naevia, così come è a Treiso, la terza pietra militare della strada che allora conduceva verso Alba Pompeia, odierna Alba e forte presidio militare romano nel Piemonte meridionale insieme ad Augusta Bagiennorum (Bene Vagienna) e Pollentia oggi Pollenzo.

Roma è nell'Alba Pompeia che ottiene nell'89 a.C. l'imprimatur romano con l'editto del generale Gneo Pompeo Strabone, che dà i natali all'imperatore Publio Elvio Pertinace, salito al trono nel 192 all'indomani dell'assassinio di Commodo. 

Pertinace si distinse nella guerra ai parti e assistette Claudio Pompeiano nella guerra contro i germani prima di diventare governatore di Maesia, Siria e Britannia. Leggenda vuole che Pertinace facesse giungere il vino delle sue colline sulle tavole dei nobili romani, promuovendone il grande lignaggio. 

Non sappiamo se sia vero, ma Roma è ancor oggi fra quelle colline con San Rocco Seno d'Elvio, la frazione che tra Alba Pompeia e Barbarica Silva ricorda il nome dell'imperatore. 

Così come Roma è nelle cantine di Barbaresco, Neive, Treiso attraverso le pagine di Plinio il Vecchio, che nelle sue ricerche sui terreni più adatti alla coltivazione della vite considera le argillose vigne di Alba Pompeia tra le migliori, persino in confronto ai terreni vulcanici campani.

E cosa dire dei celti liguri, scacciati dalla Barbarica Silva? Anche loro hanno lasciato in dono a quelle terre un grande nome. Il celtico brig (collina) sarà il bric, bricco o collina delle Langhe e del Monferrato piemontesi.

CLANTE - CHIANTI.

E' preromana l'origine del nome del più popolare fra i vini toscani, il Chianti. Tre sono le tesi di gruppi di linguisti che si fronteggiano circa il significato della parola etrusca che battezza questo vino.

Clante è il nome di una nobile, influente famiglia etrusca. Lo testimoniano alcune iscrizioni rinvenute sia a Perugia sia a Chiusi, città fondate dagli etruschi, così come Arezzo, Cortona, Fiesole, Talamone e Volterra.

Alcuni glottologi, riferiscono Chianti al gentilizio etrusco Clanti. Se Clan sta in etrusco per "figlio", Clanti sarà figlioccio, figliastro o figlio adottivo. 

L'ultima tesi, forse quella davvero più suggestiva, muove dall'etrusco nome dell'acqua: a sua volta Clante - I.

Ricca d'acqua e perciò particolarmente pregiata per l'agricoltura, così sarebbe stata battezzata dagli etruschi l'ampia zona del Chianti, fra Siena e Firenze.

Anche per questo vino, non ci sono dubbi sul ruolo di Roma come effettivo e potente fattore di sviluppo degli insediamenti vitivinicoli, che incominciarono a moltiplicarsi sin dagli albori dell'occupazione romana. 

 

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Storia dei nomi dei vini - parte quarta.

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Prosegue il nostro viaggio alla scoperta dell'origine dei nomi dei vini, con un nuovo appuntamento della nostra rubrica informativa. Questa settimana vi racconteremo la storia di altri due pregiati vini: lo Chardonnay e il Valpolicella.

CARDONNACUM - CHARDONNAY.

Ritenuto fino a dieci anni fa un vitigno di scontata origine francese, lo Chardonnay si è trasformato con il tempo nel più diffuso vitigno internazionale a bacca bianca, capace di adattarsi a ogni latitudine e microclima.

La rivoluzione rappresentata dall'analisi genetica ha recentemente dimostrato come anche la sua culla storica - la Borgogna - altro non fosse che uno dei luoghi nei quali il pragmatico vitigno era riuscito ad accasarsi.

Oggi è scientificamente accertato che il vitigno ebbe i natali in un areale riconducibile alle terre della Pannonia romana (Croazia, Moravia e Ungheria). 

Il suo nome storico deriva da un luogo di coltivazione tradizionale, dal villaggio intorno al quale le sue uve furono storicamente prodotte e conosciute.

Chardonnay con i suoi 162 abitanti, è adagiato nel dipartimento di Saone - et Loire, esteso su 637 ettari, a un'altitudine di 233 metri.

I romani giunsero nella regione nel I secolo a.C.; alla loro occupazione si deve lo sviluppo della produzione e del commercio dei vini, nonchè i nomi con i quali battezzarono località e villaggi. 

Fra questi Cardonnacum, ad indicare una zona che prima di essere piena di candida uva fu senz'altro << piena di cardi>>.

VALIS POLIS CELLAE - VALPOLICELLA.

Valis polis cellae, la valle delle molte cantine, è il nome con il quale i romani battezzarono la regione dopo aver avviato la produzione e la commercializzazione dei vini. 

La vitis vinifera giunge nell'area del Garda intorno al VII secolo a.C., portata dagli etruschi, e il vino retico conosce il suo massimo splendore nell'era di Augusto.

Secondo Svetonio lo stesso imperatore esige abitualmente quel vino sulla sua tavola, mentre Plinio ne esalta le qualità ma mette in guardia dal piantare la vite retica in altre terre perchè essa preferisce un clima mite.

Con il termine Raetia dapprima i romani indicavano un territorio compreso tra il veronese - trentino e il comasco - valtellinese. L'iniziale conquista romana, descritta da Cassio Dione, ben presto si trasformò in prolungate campagne militari che ampliarono verso nord i confini della Raetia. 

Augusto inviò nell'area Tiberio e Druso con un grande dispiegamento di mezzi, e ai tempi di Claudio la Raetia Vindelicia et Vallis Poenina comprende l'Alto Adige, la Baviera meridionale, parte dell'odierna Svizzera, parte dell'Austria occidentale e il territorio alpino italiano.

Il primo uso del termine "retico" lo troviamo proprio in riferimento al vino: è Catone il Censore a descriverlo come pregiato.

Le aree vitate collinari dell'epoca romana non sono sicuramente comparabili con quelle di oggi. Allora la superficie totale non superava i 5.000 ettari.

Le coltivazioni si estendevano soprattutto nella zona della Valpolicella e nella Valpantena. Si presume vi fossero coltivazioni anche intorno al Benaco e vicino a Lazise. Columella descrive queste viti come bisognose di una grande quantità di lavoro umano e si ipotizza che le dimensioni di una singola azienda non superassero i cinque ettari. 

Verona conserva un bassorilievo di grappolo d'uva proprio dell'epoca di Augusto, oltre a numerose raffigurazioni riguardanti il consumo del vino. Notevoli depositi di anfore sono stati ritrovati in zona a testimoniare l'intenso scambio commerciale vinicolo che avrebbe avuto luogo tra le varie città.

Dall'uva retica si otteneva un vino possente, considerato da Virgilio secondo solo al celebre Falerno. Un ultimo dettaglio può far incuriosire gli appassionati dell'Amarone: l'uso di appassire l'uva nella Valpolicella è di origine antica, come testimoniato dai ritrovamenti negli scavi di una villa romana del II - IV secolo d.C. 

Se non era Amarone, era comunque considerato un vino meritevole di procedure di vinificazione particolari. 

 

 

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Storia dei nomi dei vini - terza parte.

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Anche questa settimana, continua la nostra rubrica informativa dedicata alla storia dei nomi dei vini tratta dal libro Roma Caput Vini "la sorprendente scoperta che cambia il mondo del vino". 

In questo nuovo articolo vi parleremo dell'origine storica di due pregiati vini: Borgogna e Pinot Nero. 

PAGUS AREBRIGNUS - BORGOGNA.

Si deve allo storico francese Roger Dion la descrizione del percorso della vite romana nella sua avanzata verso nord. Un itinerario militare e commerciale attraverso il quale la pianta si fa letteralmente strada, approdando in alcune terre che saranno celebri per la loro produzione vitivinicola. 

Dion individua nel IV secolo d.C. il primo insediamento della vite in Borgogna, e lo fa citando un documento storico molto rilevante. Nel 312 d.C. gli abitanti di Augustodunum (Autun) e i viticoltori della Borgogna, allora battezzata Pagus Arebrignus, affidarono al retore Eumene una supplica - rivolta all'imperatore Costantino - con la quale chiedono esenzioni fiscali in ragione del pessimo stato dei loro vigneti malconci, se paragonati ai floridi impianti del bordolese: <<I vigneti del Pagus, >> attacca l'oratore, << pur essendo invidiati da tutti, sono in uno stato pietoso; sono stretti fra le cime rocciose delle colline e la pianura acquitrinosa dove la brina rovina i raccolti. In questa stretta fascia le viti sono tanto vecchie da essere esauste, ed è impossibile lavorare la terra per via dell'intrico di vecchie radici. >>

Questa rappresenta una pagina storica per l'enologia francese, che ci consente di provare come lungo la Còte d'Or (diminutivo di Còte d'Orient) i vigneti fossero già all'epoca collocati, grosso modo, nelle stesse posizioni di oggi. Quanto alla data esatta dell'insediamento della prima vite in Borgogna, non tutti i ricercatori concordano con quella indicata da Dion.

Secondo Rolande Gadille bisogna risalire ad alcuni secoli prima, come testimonierebbero alcuni ritrovamenti a Gevrey Chambertin, con reperti risalenti al 100 d.C. circa. Di più, la terra di Borgogna non ci dice.

ALLOBROGICA - PINOT NERO.

Per quanto concerne il Pinot Nero, è possibile risalire attraverso il suo nome sino al VI secolo, quando in Borgogna il vitigno è già noto, anche se non con il suo nome attuale. All'epoca i vigneti erano costituiti da piante molto vecchie sostenute da alberi, disposte senza ordine e moltiplicate per propaggine, con l'aspetto di una vegetazione inestricabile. E' la cosiddetta viticoltura per protezione.

Sappiamo, inoltre, che alle latitudini della Borgogna viene coltivato un vitigno molto robusto. E' Columella a narrare l'Allobrogica come una vite a foglie rotonde e che sopporta il freddo, il cui vino si conserva con l'invecchiamento e ama i terreni magri per la sua elevata fertilità.

La certezza che l'Allobrogica sia davvero l'antenata del Pinot Nero non l'abbiamo, anche se non sono pochi gli studiosi che attribuiscono alle parole di Columella il fatto di descrivere le foglie e il grappolo dell'odierno frutto di Borgogna.

Non mancano però teorie contrapposte: in verità il nome Pynos riferito al grappolo del Pinot Nero fa la sua comparsa solo nel XII secolo, quando si parla di Pinoz al plurale, come famiglia varietale.

Ecco l'Allobrogica reinterpretata non come un vitigno ma geneticamente come l'insieme delle uve e delle viti - selvatiche e non - coltivate in Savoia, nel Jura e poi nella Francia meridionale, oppure la tesi di Jacques Andrè e dell'ampelografo Louis Levadoux secondo i quali all'epoca romana l'Allebrogica era costituita da una popolazione di proto - Mondeuse, che avrebbe in seguito dato vita all'odierna Mondeuse e al Syrah.

In conclusione, ciò che è storicamente accertato è che la Borgogna vitivinicola nasce nel 50 a.C., fra le stesse basse colline oggi famose nel mondo e allora battezzate Pagus Arebrignus, grazie agli impianti che i romani vollero creare e sviluppare.   

 

 

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Storia dei nomi dei vini - parte seconda.

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Continua anche questa settimana la nostra rubrica informativa dedicata alla storia dei nomi dei vini, tratta dal libro Roma Capvt Vini "la sorprendente scoperta che cambia il mondo del vino.

Oggi vi parleremo dell'origine storica di due pregiati vini molto conosciuti ed apprezzati: il Riesling e il Traminer.

ARGITIS MINOR

Riesling. 

Solo un'ulteriore ricerca genetica potrà svelare l'enigma del Riesling, ma la soluzione sarà tutta romana. Per un verso il vino della Valle del Reno è geneticamente figlio di un incrocio fra l'Heunisch e un tipo di vite selvatica. 

Secondo altre analisi la Valle del Reno è lo straordinario habitat del vitigno romano Argitis Minor capace di esaltare tutte le proprie qualità solo in aree dal microclima più rigido di quello mediterraneo. 

Coltivato in Campania in epoca romana, sia Plinio nel libro IV della Naturalis Historia sia Columella nel libro III del De Agricoltura danno un'univoca opinione sulla possibile suddivisione dei vitigni coltivati nella regione, classificandoli in base alla qualità in tre specie:

  • Vitigni nobili: suddivisi in vitigni indigeni e importanti;
  • Vitigni che danno una buona produttività e una discreta qualità;
  • Vitigni di grande produttività e di scarsa qualità.

Non c'è da stupirsi che l'Argitis venga inserito in una qualità media, in quanto il territorio campano difficilmente può essere ritenuto adatto a questo vino che esprime le sue qualità migliori in zone abbastanza fredde.

Secondo alcuni celebri ampelografi il Riesling Italico altro non è, ancor oggi, che un fratello gemello del Welschriesling renano. Quanto all'insediamento dell'Argitis Minor e dell'Heunisch lungo il Reno e nella splendida valle della Mosella, è accertato che gli impianti viticoli risalgono all'epoca romana. 

Attorno al 280 d.C. a Treveri sulla Mosella, l'imperatore Marco Aurelio Probo fa impiantare le viti anche sulle più ripide colline. Un insediamento quello militare, civile e agricolo romano così rigoglioso da determinare un mutamento strutturale della stessa identità e della vita dell'impero romano. 

In tutta la valle i romani hanno lasciato monumenti che sono ancora oggi una testimonianza della loro civiltà. Il ritrovamento di una grande nave da trasporto fluviale ci mostra come il vino venisse prodotto non solo per il consumo del luogo, ma anche per il commercio di tutto l'impero.

TERMINUS

Traminer. 

E' questa la chiave di volta per comprendere l'utilizzo politico - militare della vite da parte di Roma Caput Vini. Se è l'impianto della vite il messaggio politico lanciato dall'occupazione romana ai popoli sottoposti, nella visione di Probo che rilancia la Sacra Vite un ruolo specifico decisivo - pienamente militare - è riservato all'impianto lungo i confini, sulle frontiere che devono contenere i barbari. 

Ecco l straordinaria importanza del terminus, del confine e del suo vitigno vagante: il Traminer, la cui presenza è segnalata fin dal Medioevo, ma è oggi riscoperta grazie alle moderne analisi genetiche lungo i confini di regioni decisive per la storia d'Europa. Confini, a volte distanti centinaia di chilometri come lo sono fra loro il Jura e il Tirolo meridionale, l'Alsazia e la Gallizia. 

Una caratteristica che non può essere solo una coincidenza: dalla regione dove si presume sia stato selezionato, la Svevia, il vitigno si è spostato in altri luoghi in seguito ai numerosi eventi politici e militari che hanno modificato i confini d'Europa negli ultimi 1000 anni. 

E con gli spostamenti risulta evidente che muta anche il nome del vitigno, che sarà diverso a seconda che l'occupante d'Alsazia sia francese o tedesco, che diventa Termeno nel Tirolo meridionale e fino al tardo medioevo in area culturale tedesca si chiamava Huntschem, nome dal quale derivano l'Heunisch o Gouasis, nome identico alle varietà portate dalla Pannonia dalle legioni di Probo sui confini orientali dell'impero romano, allora rappresentati dai fiumi Reno e Danubio.

Il ricercatore Aeberard nel 2005 ha ipotizzato che ancor oggi il Traminer si trovi dove i romani hanno portato la viticoltura: a occidente nel Jura, in Alsazia e nel Vallese, in Germania nel Palatinato e Svevia, a oriente in Pannonia, Austria e Boemia.

Non mancano tesi diverse sull'origine del nome Traminer. Qualcuno vorrebbe che nel monachesimo medievale, si fosse battezzato Der Aminee un vino pregiato come quello delle eccellenti uve Aminee, e che con il passare del tempo Der Aminee sia divenuto Traminer.

Ma quel che è certo è che con il latino terminus, in italiano "termine", i romani indicavano quei luoghi dove si arrestava la loro presenza nelle varie fasi dell'espansionismo militare.

Sono centinaia in Europa, ancor oggi, i toponimi che richiamano alla parola Terminus. I più numerosi, non casualmente, concentrati lungo la linea del Reno e in Franconia.  

 

 

 

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La storia dei nomi dei vini

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Il nome è un grande specchio, chinatevi ad osservarlo. Trovate riflessi la vita, l'uomo, le verità e gli inganni. Saper leggere un nome, vi farà stare un grandino più in alto nella contemplazione di una storia. 

Per esempio, l'origine del termine Legione, spiega come il Legere latino abbia un significato diverso dal Leggere in italiano. Raccogliere, adunare, arruolare: è questo il Legere della superpotenza che crea, arruola la Legione, strumento principe dell'espansione imperiale. Ed è proprio racchiuso nelle legioni romane il filo di questa nuova storia, che vi aiuta a scoprire come la civilizzazione di Roma Caput Vini non sia solo geneticamente scolpita nel DNA di un vitigno: da migliaia di anni questa epopea è immortalata anche nei nomi dei vini.

Come ormai ben sapete, nel 280 d.C. l'imperatore Marco Aurelio Probo cancella l'editto di Domiziano, sancisce la fine dei rifornimenti di vino con l'ingestibile trasporto di botti da Aquileia ai territori dove sono stanziate le legioni, fa selezionare un vitigno e lo affida alle legioni imponendo il suo impianto in sterminati territori sottoposti. 

Bandita da Domiziano, la coltivazione della vite è trasformata da Probo nello strumento per fissare i confini dell'impero e nell'attività operosa delle campagne in tempo di pace. Quando sale al potere Probo dispone di una massa d'urto di circa 450.000 uomini, divisi in 38 legioni. 

Sappiamo per certo che il nuovo imperatore di legioni ne creò almeno altre due. Sono almeno quaranta le legioni di Probo potenzialmente incaricate non solo di difendere l'impero e guerreggiare, ma anche di piantare e coltivare la vite. Un'opera immensa, della quale possiamo ricostruire le tracce precise anche attraverso i nomi di vini e vigneti

BURDIGALA E VITIS BITURCA

Bordeaux e Cabernet

Nel III secolo d.C. Burdigala è la capitale amministrativa dell'Aquitania romana: una delle tre parti nelle quali Giulio Cesare ha diviso la Gallia conquistata. In quest'epoca Decimo Magno Ausonio, uno degli uomini più colti dell'impero, descrive nell'Ordo urbium nobilium e in diverse altre opere le terre verdeggianti di vigne lungo il fiume, elogiando la città come un mirabile territorio di vino.

Gli impianti delle viti hanno a Burdigala un inizio molto complicato. L'area è infestata di paludi, ne il terreno ghiaioso inizialmente ispira i coloni romani, tutt'altro che convinti che in una regione più nordica e dal clima così ostile la vigna possa dare i suoi frutti migliori. Altrettanto complesso risulta il percorso militare e commerciale che i legionieri e le viti si aprono verso Burdigala: di fatto, il primo collegamento diretto fra il Mediterraneo e le spiagge dell'Atlantico.

Si deve a Roger Dion la descrizione dettagliata dell'itinerario denominato Seuil de Narouze, che mosse da Narbo (l'attuale Narbone, primo luogo di Francia dove i romani piantarono e coltivarono la vite) - per raggiungere Tolosa e quindi Agen, affacciandosi infine sull'impero orizzontale dell'Aquitania, allora popolata dai Galli originari dell'attuale regione di Bourges, denominati Bituriges Vivisques. 

E' questo il nome con il quale gli occupanti battezzarono la prima uva di Burdigala, che per secoli sarà Biturica e fonderà in un bimillenario matrimonio l'indissolubile rapporto tra Bordeaux - Burdigala e Cabernet Biturica. 

Quanto all'origine della vite di Burdigala, gli agronomi romani concordano nella descrizione di una vite importata, più robusta in quanto più adatta ai climi freddi. 

Per Columella, la Biturica proveniva dal porto di Durazzo; da li i romani avrebbero diffuso la Biturica in Aquitania e in Spagna, dove prese il nome di Cocolubis. Sull'ibrida culla insiste anche Plinio il Vecchio, che narra la Biturica come un incrocio tra una varietà importata dai romani e un vitigno selvaggio delle zone della penisola iberica.

Anche Columella, in tal senso, cita il vitigno denominato Balisca, coltivato in diverse province romane e in particolare nella zona della Rioja, molto vicino al Bordolese. 

SANGUIS IOVIS E MONS ILCINUS

Sangiovese e Montalcino. 

Per Giacomo Tachis, uno dei più autorevoli padri dell'enologia italiana, il Sangiovese sta all'Italia come il Cabernet sta alla Francia: sono vini che esprimono una forte identità viticola e vinicola di un Paese.

Entrambi affondano e confondono la propria storia con quella di Roma Caput Vini. Ai tempi dei romani i vini prodotti nelle zone della Romagna e della Toscana erano noti ed è latina l'origine del nome Sangiovese (da Sanguis Jovis), ovvero sangue di Giove, con tutta probabilità il vitigno che frutta nel cesenate il Curva Caesena citato da Plinio il Vecchio.

I romani giunsero nel territorio dell'attuale Romagna intorno al 250 a.C. Il console Emilio Lepido costruisce la via Emilia nel 187, possente fattore di sviluppo di scambi e commerci che influenza profondamente anche la viticoltura. 

Forum Livii oggi Forlì e Forum Popili poi Forlimpopoli saranno altrettante tappe del Sangiovese, insieme alla Cesena dei ricchi ritrovamenti di anfore e ad Ariminum, il porto di Rimini considerato allora la più importante base commerciale dell'Adriatico.

Meno prestigioso, almeno secondo quanto riferito da Marziale, il troppo abbondante vino liquidato dal poeta in due epigrammi: << A Ravenna preferirei possedere una cisterna piuttosto che una vigna: l'acqua la potrei vendere a un prezzo molto più alto>>.

Il percorso imboccato dal Sangiovese è diverso. Scavalcando l'Appenino, il vitigno trova in Toscana il suo territorio di eccellenza, poi scende ancora a sud per trasformarsi in uva simbolo della penisola con ben l'11% della superficie viticola nazionale.

Nel corso dei secoli il Sangiovese si è differenziato in numerosi cloni e diversi territori. In Toscana si distinguono due grandi famiglie: il Sangiovese grosso e il Sangiovese piccolo.

Espressione più alta del Sanguis Jovis. il nome del Brunello ritrova nella romanità un altro eco. I primi insediamenti fortificati dell'area di Montalcino risalgono all'epoca etrusca e ne sono ancora una testimonianza i resti dell'area archeologica di Poggio Civitella. 

Poi la romanitas battezzerà un monte coperto di verdi lecci in Mons Ilcinus. Così con il Sanguis Jovis di Mons Ilcinus, Roma Caput Vini genera uno dei più grandi vini d'Italia. 

 

 

 

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