La viticoltura bellunese si espande puntando sull'alta qualità delle produzioni vinicole.
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La Provincia di Belluno fino agli anni Sessanta del secolo scorso, è stata caratterizzata da un'economia agricola povera basata in prevalenza sull'alpeggio; la viticoltura, fiorente nei secoli precedenti in aree vocate come il Feltrino, era considerata per lo più un'attività marginale.
Nell'ultimo decennio, si è verificata un'inversione di tendenza: il Bellunese ha riconquistato una forte vocazione vitivinicola recuperando la propria storia, rivelandosi presto un interessante territorio sperimentale in cui coesistono la conservazione dei vigneti autoctoni abbinati alla sperimentazione di varietà più resistenti; il tutto in una prospettiva di una viticoltura eroica di qualità e sostenibile.
Rispetto alla superficie vitata della Regione Veneto, stimata in 90.000 ettari per il 2017, il Bellunese ne conta solo 147. Un piccolo numero che è aumentato di un terzo nell'ultimo triennio e che ha visto la nascita di nuove aziende agricole di dimensioni medio piccole, spesso gestite a livello familiare. Anche il biologico risulta un settore in forte crescita, con quattro aziende già certificate ed una decina in conversione.
L'area geografica del vitigno Bellunese.
Geograficamente, il vitigno bellunese si distribuisce in località ben definite e circoscritte come ad esempio la zona di Feltre, dove recentemente è nato il Consorzio Coste del Feltrino.
La Conca dell'Alpago, dove stanno nascendo piccole aziende che hanno ripreso a coltivare la vite, in abbandono dal secondo dopoguerra in questi luoghi. Seren del Grappa, dove è in atto una vera e propria sperimentazione sulle varietà resistenti di Vitis Vinifera che s'inserisce in un progetto più ampio ed articolato di rivitalizzazione del territorio della Valle di Seren.
Infine, la Valbelluna - Sinistra Piave - dove poco più di 60 ettari di vigneto sono coltivati prevalentemente a Glera, assieme ad altre varietà atte alla produzione del noto Prosecco DOC.
Il Consorzio Coste del Feltrino.
La vocazione storica della viticoltura feltrina risulta oggi molto documentata. Lo Statuto dei Vignaioli del Monte Aurin, approvato nel 1518, stabiliva norme precise per la conduzione dei vigneti per garantire, fin da allora, vini di alta qualità che avevano un mercato fiorente verso l'Agordino, la Valle di Primiero e i territori alpini di lingua tedesca. I vigneti occupavano le rive esposte a sud nei comuni di Feltre, Fonzaso, Arsiè e Seren del Grappa, con una produzione di qualità derivante da varietà soprattutto locali.
Nel Settecento, l'arrivo di inverni sempre più rigidi misero a dura prova il territorio della Provincia di Belluno, poi tra l'Ottocento e il Novecento, la comparsa delle malattie della vite provocarono un primo impoverimento del patrimonio vinicolo, con conseguente introduzione delle viti americane. Inoltre, nel secondo dopoguerra, la crescita e lo sviluppo del settore manifatturiero e dell'occhialeria, favorirono un consistente abbandono delle terre agricole e la quasi scomparsa della viticoltura bellunese.
Ma da qualche anno, un gruppo di viticoltori ha ripreso con entusiasmo a coltivare la vite, andando a recuperare antiche varietà locali come la Bianchetta, la Pavana, la Turca e la Gata, anche sperimentando con notevole successo altre cultivar italiane ed internazionali come Merlot, Chardonnay, Pinot Nero e Teroldego.
Nel marzo del 2015, questo gruppo di imprenditori agricoli ha dato vita al Consorzio Coste del Feltrino, al quale oggi aderiscono 11 aziende, con un totale di 20 ettari vitati. La sua mission principale è caratterizzare fortemente tutte le imprese del settore che operano in questa particolare area, proponendo un modello di viticoltura non intensiva legata alla tradizione, al paesaggio e altre attività agricole già esistenti.
Oltre ad un rigido Statuto, i soci del Consorzio sono tenuti al rispetto di una "Regola di Produzione", che stabilisce quali sono le varietà ammesse, escludendo quelle che non s'integrano perfettamente con il territorio montano delle Dolomiti Bellunesi.
Regole severe che privilegiano la conduzione biologica o integrata dei vigneti restringendo le norme già poste in essere dal Disciplinare dell'IGT Vigneti delle Dolomiti.
Tutto questo rappresenta un primo passo verso l'ottenimento di una denominazione d'origine specifica, a tutela di un patrimonio fatto di storia, qualità ed eccellenza.